Il tema è emerso giorni fa nella chat di Lavoro Digitale Italia dedicata al confronto tra #professionisti HR & ICT (lascio link nella bibliografia).
È una questione che ci colpisce, prima o poi, quando sentiamo l’inflazionato detto “𝑡𝑢𝑡𝑡𝑖 𝑠𝑜𝑛𝑜 𝑢𝑡𝑖𝑙𝑖, 𝑛𝑒𝑠𝑠𝑢𝑛𝑜 𝑒̀ 𝑖𝑛𝑑𝑖𝑠𝑝𝑒𝑛𝑠𝑎𝑏𝑖𝑙𝑒”.

Di solito fa correre un brivido lungo la schiena, sia nel lavoro che ancor di più nella vita privata, tanto che online è ripreso molto e spesso (per es. su Forbes, Internazionale, LinkedIn, Quora, link nella bibliografia) e sappiamo tutti perchè non ci lascia indifferenti.
Mette un’ansia soffocante pensare di essere stati superati, di non contare più, di rimanere senza lavoro, senza obiettivi e significato, irrimediabilmente esclusi dal cerchio magico dei “realizzati”, di coloro che hanno un’#identità professionale e personale in cui riconoscersi (quanto spesso le due cose sono legate a doppio filo). E quindi siamo molto tentati dal diventare insostituibili, in una rincorsa illusoria e impossibile perchè prima o poi – lo sappiamo – la Natura ci “sostituirà” (👼) con buona pace della nostra #ansia.

Secondo me dovremmo abbandonare quel detto – e con lui il modo di pensare che ne consegue – perchè è fuorviante e pericoloso per il nostro #benessere sia sul lavoro che nella vita in generale: non possiamo essere nè utili, nè indispensabili perchè non siamo oggetti, non siamo macchine, non siamo pezzi di ricambio.
Chi di noi direbbe che la figlia, il marito, l’amico, la sorella, i colleghi – anche i meno conosciuti – sono “utili”? Ma nessuno. Potremmo usare aggettivi come “gentile”, “preparat*”, “comunicativ*”, “simpatic*”, “affidabile”, “empatic*”, “entusiasta”, “responsabile”, “motivat*”, “open-minded”, “intelligente”, ma mai utile.
Perciò, mi sembra più interessante pensare non a quanto “siamo utili” in un contesto, ma a come siamo #unici e #significativi, in grado cioè di apportare un contributo di #valore (tecnico, ma anche umano e relazionale) in ciò che facciamo e alle persone che incontriamo, quando decidiamo di farlo. Sempre e comunque, anche se a volte di più e a volte di me.

Un’organizzazione dovrebbe essere consapevole che nessuna risorsa resta per sempre – per fortuna, sennò sarebbe in schiavitù – e un* professionist* deve sentire la #libertà di cambiare e di evolvere anche se questo l* porta lontano dalla sua attuale azienda.
E qui esce un tema di ingaggio importante sia per le aziende che per i dipendenti: le organizzazioni investono poco su risorse che temono possano andarsene, di conseguenza le risorse sono poco ingaggiate nell’organizzazione. E’ un circolo vizioso. Forse eliminare dall’equazione il concetto di utilità potrebbe rompere questo circolo e attivare un approccio più centrato sulla #crescita, sia de* professionist* che delle organizzazioni di cui fanno parte, grazie ad una condivisione e trasmissione reciproca di #competenze e valori.

Ci rifletto per i post che verranno.

Eleonora Malaspina

Eleonora Malaspina

Social Recruiter